Le mappe dell’Etiopia su EthioMap raccontano la storia dell’esplorazione geografica di questa regione; l’evoluzione della cartografia moderna e la storia e i movimenti dei numerosi gruppi etnici del Corno d’Africa.
Un gruppo di lavoro di ricercatori di Università di studi sociali, dalla Germania alla Francia all’Etiopia, ha scannerizzato, indicizzato e rese pubbliche alcune mappe storiche del Corno d’Africa sotto il nome del progetto “Ethiomap. Exploring modern maps of Horn of Africa” Questa regione è stata tra le più cartografate dell’Africa, anche per via degli scambi culturali e di informazioni scientifiche che religiosi e studiosi cristiani e musulmani hanno avuto, nel corso dei secoli, con occidente e medio oriente.
A cosa servono le mappe antiche?
In queste mappe c’è un valore artistico ed estetico ma il curatore del progetto Ethiomap- l’antropologo francese Elois Fiquet – apre nuovi orizzonti quando risponde a una domanda diretta: a cosa serve studiare le mappe storiche? La risposta sta nelle tensioni interetniche dell’Etiopia di oggi, che hanno caratterizzato, in modo anche molto violento, le cronache politiche degli ultimi anni dell’Etiopia. I gruppi etnici (sono oltre ottanta quelli riconosciuti) inseguono un’autonomia economica spesso accompagnandola con la rivendicazione della “propria” lingua e delle “proprie” tradizioni. Nonostante l’Etiopia di oggi sia organizzata in stati federati da quasi trenta anni, non c’è ancora stato quel clima culturale e di rispetto reciproco tra i vari gruppi etnici tale da permettere una ricostruzione condivisa della storia del paese.
In questo senso la cartografia che fotografa dei momenti storici, può essere uno strumento aggiuntivo per aiutare i ricercatori a ricostruire i nomi e confini e le lingue di regni e tribù; i movimenti interni, l’egemonia culturale di un gruppo su un altro, i processi di assimilazione.
Anche i non addetti ai lavori possono guardare con occhi curiosi alla mappa più antica, disegnata dal tedesco Hion Ludolf nel 1683, così come gli era stata raccontata da un monaco che si chiamava Abba Gorgoryos. E’ una mappa illustrata, visuale: i rilevi del grande e tormentato altopiano etiopico sono disegni di montagne e picchi e guglie; leoni e leopardi sono sparsi nelle zone di savana, e cammelli nelle aree dove l’altopiano degrada verso la depressione dancala e dell’ogaden; i nomi di alcuni popoli ci dicono qualcosa (gli hadiya, i kambata, guraghe…), altri popoli sembrano invece scomparsi, o forse sono nascosti sotto nomi diversi.
Anche la mappa di Henry Salt del 1814 ha un ampio riferimento ai nomi di tribù e popoli; ma in questo caso, anche nell’approssimazione geografica, si apprezza di più lo stile utilizzato per fare risaltare i rilievi montuosi, attraverso una tecnica chiamata “hachures”, dei tratteggi ora fitti ora radi, ora marcati ora leggeri, per dare tridimensionalità alle catene montuose.
La mappa di Habernich del 1893 è talmente ricca di toponimi da risultare confusa, soprattutto se paragonata a quella di D’abbadie, con l’azzurro del bacino idrico del Lago Tana che ha le sfumature di un acquarello.
Colpisce invece per chiarezza, per hachures più delicate e sfumate e per il lettering, la mappa di Theopile Lefebvre del 1847. Soprattutto la parte che mostra il percorso del Nilo che esce da Lago Tana e disegna un semianello verso occidente isolando il massiccio delle Choke Mountains.
Tra le risorse di Ethiomap c’è anche una mappa con toponimi in amarico: si chiama, letteralmente “Etiopia Carta”, è del 1923 e l’autore è h. B. Papazian. I rilievi sono evidenziati dalle tinte altimetriche, ma l’elemento più evidente è la linea ferroviara Addis Abeba – Dire Dawa – Gibuti, lo chemin de fer inaugurato solo poci anni prima, nel 1917.
Le mappe sono un modo di organizzare la sorpresa
Infine, pare essere vero, anche per via traversa, che “le mappe sono un modo di organizzare la sorpresa” (lo ha scritto Bruce Chatwin, ma lo ha citato di recente il viaggiatore Paolo Ciampi nel suo bel libriccino “Il sogno delle mappe”, Ediciclo) quando si guarda un particolare della mappa di Henry Salt attorno al Lago Tana, in corrispondenza del toponimo Weyto Pagan. I Weyto erano un vasto gruppo etnico che viveva sulle sponde de laghi Tana, Arba Minch, Zway: in pratica dove vivevano colonie di ippopotami. Perché i Weyto erano una sotto casta (a livelli di schiavitù, pare) che cacciava e si cibava di carne di ippopotamo. Avevano anche un lingua, che scomparve; e con la lingua sparì anche la loro identità etnica, che non fu più riconosciuta dallo stato etiopico. Un esempio, questo, di quanto la fotografia di una mappa possa aiutare a vedere il panorama dei gruppi etnici come un panorama in perenne trasformazione.