La polifonia dei Dorze, la preghiera cantata sufi di Harar, la liturgia danzata a Gondar, i canti collettivi nel Gamo Gofa. Gli straordinari documentari di Vincent Moon, cacciatore di suoni
Vincent Moon è un documentarista che da più di dieci anni gira il mondo alla caccia di immagini e musiche e di suoni: di città, di lavori, di rituali. E’ un artista affermato e sulla mappa del suo sito sono illustrati i luoghi dove ha lavorato e su cui ha prodotto film per la sua etichetta indipendente: la Petit Planetes.
Nel 2012 Moon ha trascorso un periodo in Etiopia e tra i documentari che ha prodotto suggeriamo la visione di questi tre, che mostrano la sua capacità di sfuggire sia ai cliché commerciali, mainstream o patinati che siano, così come al rigore un po’ grigio dei documentari etnografici. Si apprezza l’estetica, ma quel che si vede è quello che è, senza trucco e senza inganno: quei paesaggi sono fotogenici al naturale.
In questi documentari Moon lavora talvolta in coppia con il danese Jacob Kirkegaard, che con i suoi microfoni dà tridimensionalità alle immagini. Kirkegaard è molto più che un tecnico del suono, è un sound artist, e si sente. Del suo lavoro potete leggere qui.
Illuminations. Spirituals in the Holy City of Harar
In questo documentario Moon ci conduce nei minuti iniziali tra le strette stradine della cittadella fortificata di Harar, uno dei luoghi sacri dell’Islam. Per il resto del tempo, il film è ambientato in una casa hararina, la minoranza etnica che da secoli governa questa città che è ponte tra Africa e Arabia. In questa casa un gruppo di “vicinato”, si ritrova per celebrare una preghiera (minuto 7.53). La recitazione con il canto è chiamata “zikri”, è una pratica sufi, e alcune correnti dell’Islam la ritengono non ortodossa, e la contestano. Si mastica chat e si spiega la sua funzione in questo rituale (dal minuto 14.20) che dovrebbe dare una visione del mondo che l’insegnamento classico non può trasmettere (dal minuto 20.30) Il canto è scarno, c’è una voce guida e un coro che risponde. Poi (dal minuto 22.30) si comincia anche a danzare, e ad accompagnate il canto dei versetti del Corano con un accompagnamento ritmico di mani e tavolette di legno. Il rituale dura tutta la notte (e la notte è sempre quella del giovedì) e il documentario termina con una vista sulla città, all’alba.
A morning over Dorze. Poliphonic singings from southern ethiopia
Una mattina tra i Dorze, sulle montagna di una scarpata che delimita una parte della Rift Valley, siamo nella regione che si chiama Gamo e i laghi di Arba Minch sono poco lontani: c’è una nebbiolina e una vegetazione verdissima che è il paesaggio che nell’ Etiopia del sud spesso si accompagna a quella zona dai duemila ai tremila metri di altezza in questa fascia tropicale. In tutta Etiopia, i Dorze sono riconosciuti come abili artigiani, capaci di costruire alte capanne circolari e tetti in paglia così come di lavorare i tessuti al telaio. I suoni del lavoro emergono sul resto: la donna che fila il cotone cantando e poi la lavorazione al telaio (da 0.50); il taglio e la raschiatura e delle foglie di falso banano per farne una focaccia che è alimento base di molta gente delle campagne (l’ensete). Poi (da 3.30) arrivano il canto di una giovana ragazza e la risposta del coro. Da qui in poi si entra in un campo interessante per gli etnomusicologi. I dorze sono statii più volte registrati per queste caratteristiche. I canti ora sono all’aperto (da 5.50), l’unico strumento non vocale pare essere una tanica per l’acqua ma a un certo punto l’orecchio deve concentrarsi (da 7.10) su un suono che sta sullo sfondo ed è continuo e ripetuto come un riff: sembra il suono attutito di una cornamusa, di uno strumento a fiato, ma probabilmente è voce, e fa da tappeto di accompagnamento ritmico per tutto il pezzo.
Tewahedo Fasika. Easter ritual in Gondar
Il titolo significa celebrazione della Pasqua (Fasika) nella chiesa ortodossa d’Etiopia (Tewahedo). Le riprese sono state fatte a Gondar, regione amhara, poco lontano dalla sponda nord del Lago Tana, e uno dei centri più importanti per tradizioni e insegnamenti della chiesa etiope. E’ una celebrazione liturgica che avviene in ogni chiesa d’Etiopia a Pasqua, che insieme al Timket (Epifania) e al Meskel (Festa della croce), è un momento centrale dell’anno liturgico e arriva dopo un digiuno lungo più di cinquanta giorni. La chiesa di Debre Berhane Selassie a Gondar (fotogramma dell’esterno, a 1.30) è tra le più fotografate in Etiopia, anche per il suo soffitto dipinto con i famosi angeli. La penombra è quasi sempre la sua condizione costante, ma durante questa celebrazione risaltano il bianco del vestito dei diaconi e il fumo dell’incenso tra i canti (e un frammento suggestivo comincia al minuto 4.25). Gli strumenti in mano ai diaconi sono tre: il tsenatsel (sistro), il mequamia (bastone liturgico) e il kabaro (tamburo) e si vedono dal minuto 7.0. Il complesso liturgico “preghiera – canto – danza” è chiamato Zema, e diaconi e preti studiano fino anche a una decina di anni per poterli poi praticare, e ognuno è una specializzazione (l’aquaquam, per esempio, è la danza). C’è un crescendo rirmico e di movimenti che parte a 8.45 e poi i diaconi si spostano all’esterno della chiesa (a 10.50) e i fedeli accompagnano danze e canti in una performance che diventa collettiva.
Interessante per capire la filosofia dell’autore è il video di questa conferenza Ted dove alla domanda: “Come fai a entrare in momenti privati di un villaggio con una telecamera?”. E la risposta è: “Viaggiare mi ha insegnato a fidarmi della memoria del corpo più che della memoria del cervello. Penso che coinvolgendo il tuo corpo nel momento, nella cerimonia, nei luoghi, la gente ti accoglie e capisce la tua energia”.
I lavori di Vincent Moon sono in vendita per l’etichetta Petit Planetes.